IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI STABIA LIBERO D’ORSI PRESSO LA REGGIA DI QUISISANA 

Maria Rispoli* 

Il museo archeologico di Stabia conserva ed espone i reperti provenienti dagli scavi effettuati dal preside D’Orsi presso l’antica Stabiae, che si collocava nel comune di Castellammare di Stabia e in quelli afferenti all’antico Ager stabianus 

Il museo ha trovato sede presso Reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia, un palazzo reale di età borbonica con annesso giardino storico. 

Esso è stato dedicato alla memoria di Libero D’Orsi, alla cui tenacia e perseveranza si deve la riscoperta dell’antica Stabiae. A suggerire al preside il ritrovamento dei grandiosi complessi residenziali fu l’osservazione del paesaggio che dalla collina di Varano si apriva superbo sul golfo stabiano: “Voglio vedere se alla bellezza del paesaggio corrisponde sempre l’importanza archeologica!”, così scriveva il preside nella sua biografia. Inoltre, conosceva bene i rapporti informativi e le planimetrie redatte da Karl Jacob Weber e Francesco La Vega, gli ingegneri militari che Carlo III Borbone incaricò per la ricerca delle città sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Infatti, anche Stabiae, come Pompei ed Ecolano fu sepolta dall’eruzione, ma, a differenza di queste ultime, rinacque pochi anni dopo la distruzione.  

La riscoperta dell’antico sito fu condotta da D’Orsi tra il 1950 e il 1968, poiché gli scavatori borbonici decisero di riseppellirla poco dopo il suo ritrovamento nel XVIII secolo. Egli cominciò con lo scavo delle ville marittime sulla collina di Varano: Villa San Marco, Villa Arianna, Secondo Complesso e Villa del Pastore, oggi rinterrata; proseguì con l’indagine di alcune ville dell’ager stabianus, quali la villa rustica in località Carmiano nel comune di Gragnano e quella residenziale in località Petraro nel comune di santa Maria La Carità. Qui il D’Orsi recuperò, in località Madonna delle Grazie, anche un importante nucleo di sepolture, circa 300, databili tra la fine del VII a.C. e il III a.C. 

La storia di questo antico sito ci consente di studiare le dinamiche geopolitiche e geofisiche, all’indomani dell’eruzione del Vesuvio, nell’ambito del territorio della Campania meridionale, di capirne le trasformazioni che hanno condotto il territorio e la sua comunità nel presente. Stabiae, infatti, è l’unica città vesuviana a rinascere pochi anni dopo l’eruzione, come testimoniato dal poeta Stazio nel 92 d.C. Essa era l’unica a godere di uno sbocco a mare di cui ne godeva anche la città di Nocera che, dopo la distruzione di Pompei, aveva perso il suo collegamento con la costa; mentre la penisola sorrentina aveva perduto la sua via per terra. Stabiae, inoltre era sede di avamposti militari marittimi della flotta misenate e continuò ad esserlo anche dopo la stessa eruzione. Tutto questo viene raccontato nella prima sala del museo mediante l’ausilio di un grande plastico multimediale che illustra in un lungo arco temporale i cambiamenti del territorio – compreso tra Ercolano, il Vesuvio, Pompei fino a Sorrento sul versante napoletano e Nocera e i Monti Lattari su quello salernitano.  

Le sale successive sono dunque dedicate all’esposizione e al racconto dei rinvenimenti effettuati in quegli anni, soprattutto ai contesti archeologici più noti, le cui immagini negli anni Cinquanta ebbero una grande eco in Italia e furono riprese dalla stampa in tutto il mondo. Gli esperti riconobbero immediatamente l’originalità della pittura stabiana basata sulla pregevole qualità artistica di alcuni aspetti quali la plasticità e i volumi delle figure, il continuo ricorso della prospettiva e la scelta di diversi soggetti poco frequenti nel repertorio iconografico di età romana. 

Nelle sale del museo gli affreschi provenienti dai soffitti e dalle pareti del portico superiore di Villa San Marco sono state esposte cercando di ricreare l’effetto e la funzione che esse già assolvevano nel I secolo d.C., ovvero l’ispirazione a profonde meditazioni che nascevano dall’osservazione delle figure della volta celeste a cui volgevano gli occhi gli uomini del tempo. Con questo criterio sono esposti, mediante l’ausilio di apparati didattici, gli affreschi provenienti dal portico superiore di Villa San Marco, tra cui il cosiddetto Planisfero delle Stagioni. Esso mostra la rappresentazione allegorica delle personificazioni dell’estate e dell’autunno, affiancate da amorini con i rispettivi attributi, nell’atto di accompagnare il moto rotatorio dei cerchi della sfera armillare che simboleggiano un meridiano e l’Equatore.  Insieme ad esso le figure di Mercurio, di Minerva in apoteosi e del Sole con il suo carro, Helios che con la sua quadriga sormontano la volta celeste. Le decorazioni parietali più documentate nelle ville stabiane sono di III e IV stile, in concomitanza con l’ultimo periodo vissuto prima dell’eruzione. A paesaggi sacro-idillici, vedute prospettiche di residenze che si rispecchiano nell’acqua, ninfe volanti e figure dalle forme eleganti e leggiadre, tra cui la nota Flora esposta al MANN, si alternano articolate composizioni pittoriche di IV stile, di epoca claudio-neroniana, quasi alla stregua di arazzi, come quelle raffigurate nel triclinium 3 (sala da pranzo) di Villa Arianna, da cui provengono alcuni reperti esposti nel museo. Le pitture furono realizzate all’indomani del terremoto del 62 d.C., sotto il regno di Nerone e rappresentano eroi e protagonisti delle tragedie di Seneca. Nel museo si possono visitare anche alcuni contesti archeologici che provengono dalle più recenti scoperte. Un posto di rilievo occupa il materiale votivo rinvenuto nel 1984 nell’area sacra in località Privati. Nell’esposizione si è mirato a far comprendere come questo santuario, consacrato probabilmente ad Athena/Minerva in associazione con Eracle e frequentato per un lungo periodo tra il IV e il I secolo a.C., fosse dedicato alle pratiche religiose legate alla protezione delle giovani fanciulle nella delicata fase di passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, segnata dal matrimonio e dalla maternità̀. 

Il nuovo concept del museo è fortemente orientato al territorio, nel tentativo di evidenziare le connessioni tra Stabiae ed i centri limitrofi. 

Un suggestivo allestimento racconta le specificità di un ricco e variegato ager che in epoca romana fu connotato dall’impianto di interessati complessi residenziali e produttivi, dove il vino, che rappresentava il prodotto più pregiato, era esportato nelle diverse province dell’Impero romano.  

Nel contempo, tali ville presentavano anche delle soluzioni abitative dedicate al comfort e al lusso, affinché esse potessero ospitare adeguatamente il proprietario che, di tanto in tanto, si recava presso queste dimore per controllare i propri affari. 

Nel museo è ricostruito interamente il triclinio proveniente dalla la villa rustica, ritrovata in località Carmiano, nel comune di Gragnano, le cui pareti sono affrescate con scene che raffigurano il trionfo di Dioniso. Qui è esposto anche il prezioso vasellame in bronzo, rinvenuto nel triclinio e usato per il banchetto, insieme all’anello con sigillo appartenente al proprietario della casa. 

Il ricco patrimonio archeologico dell’ager stabianus può essere esplorato mediante l’ausilio di una postazione multimediale interattiva dove, grazie a mappe geolocalizzate, si possono scoprire all’interno del tessuto urbano contemporaneo le tracce del passato. Particolarmente interessante appare l’affresco con “scena di paesaggio stabiano”, proveniente dal calidarium di Villa San Marco. Esso rappresenta l’ager stabianus nella sua estensione, connotato da elementi caratterizzanti: le acque sorgive, le ville, i pergolati, la viabilità e infine il commercio. Nello stesso tempo testimonia l’esistenza di antiche feste che si ripetevano a Stabiae ogni anno il 15 maggio. Si tratta delle feste Mercuralia, di cui si riconoscono i riti praticati dai mercanti in onore del dio Mercurio, protettore del commercio e dei naviganti, a cui Stabiae doveva essere particolarmente devota. 

Al tema del paesaggio è dedicata un ampio salone. Infatti, una delle peculiarità delle ville marittime è proprio il rapporto dialettico con il paesaggio, che si configura come presupposto sin dal primo impianto delle costruzioni. Nelle ville stabiane il rapporto con il paesaggio è prerogativa indispensabile a tal punto che esse non cercano una dialettica soltanto con il mare ma anche con le montagne verso le quali aprono grandi e ripetute finestre. 

Sul fondo del salone è proiettata la ricostruzione del paesaggio che fu godibile da villa Arianna fino al 79 d.C. Si tratta di una proiezione dinamica, che cambia nell’arco delle 24 ore delle giornata, spogliata di tutte le costruzioni moderne. Essa rappresenta anche la quinta prospettica agli arredi rinvenuti nei peristili e nei giardini delle ville di Stabiae, qui esposti al centro del salone. Alle pareti sono stati collocati gli affreschi rinvenuti negli ambienti dedicati al soggiorno e al riposo diurno, all’otium e alla lettura, al convivialità e all’ospitalità, allestiti per essere proiettati sul paesaggio che si gode da questa collina: il Vesuvio e Capo Miseno, Capri e la penisola sorrentina ma anche le alte e verdi montagne di cui già gli antichi elogiavano la salubrità dell’aria, la qualità delle acque e del latte. Un nuovo modo di raccontare le  immagini connota questo allestimento, dove queste ultime non sono  state esposte in virtù del loro godimento estetico ma diventano foriere di un importante messaggio: è il luogo che abitiamo ad ispirare la  creatività, a stimolare la curiosità che spinge all’ideazione e alla progettualità, che invita al godimento del bello, alla sua protezione nel rispetto della sua incorruttibilità, alla sua conservazione e valorizzazione, perché si possa tramandarlo nella sua integrità. Così, in quest’ottica, le numerose figure di offerenti, rinvenute a Villa San Marco e qui esposte, acquisiscono potere evocativo: calate nel contesto e in simbiosi con la natura, esse propiziavano il favore delle divinità, perché queste ultime fossero portatrici di benessere e di ricchezza ai proprietari della casa. Nell’allestimento le scene di vita quotidiana e le vedute paesistiche, provenienti da Villa san Marco, sembrano prendere vita insieme alle figure idealizzate degli uomini e delle donne del tempo, colte in atteggiamento pensieroso e assorto, rivenute negli ambienti di soggiorno di Villa Arianna.  

La sezione conclusiva dell’allestimento è costituita da due sale: la prima racconta la distruzione ad opera dell’eruzione, di cui è stato scelto come testimone il carro agricolo rinvenuto nel quartiere servile di Villa Arianna; la seconda illustra la rinascita di Stabiae post 79 d.C. Nella sala la Tabula Peutingeriana, la copia medievale di una carta stradale di IV secolo d.C., prende vita grazie ad un’installazione multimediale che rende possibile ai visitatori del museo la sua consultazione. L’installazione illustra la viabilità tra Napoli, Capua, Oplontis, Pompei, Nuceria e Stabiae; di quest’ultima, in particolare, è narrato il ripristino della via Nuceria Stabiae, lungo la quale fu rinvenuto il miliario, proveniente dagli scavi sotto la Cattedrale di Castellammare, di cui si espone la copia. Il miliario, che indica un intervento di restauro della strada, è datato in età adrianea, tra il 120 e 121 d.C., e rappresenta la prova tangibile della rinascita della strada sul mare, su cui si impianta definitivamente la città contemporanea. 

*Maria Rispoli è Responsabile del Complesso monumentale Reggia di Quisisana e Direttrice del Museo archeologico di Stabia; funzionario archeologo del Parco Archeologico di Pompei. Responsabile dell’Ufficio Unesco del Sito 829 “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano ed Oplontis”, delle Regiones III-IV-V dell’area archeologica di Pompei.